il suo cuore impiccato, splendente nell’oscurità/ Mazin Mamoory

Mazin Mamoory




Poeta e pittore iracheno, nato a Babilonia (1970). Nel 2015 conclude il dottorato in filosofia dell'arte, all'Università di Babilonia. Ha esordito con la sua prima raccolta di poesia, nel 1998, del titolo "Il libro dei morti", seguita da altre quattro raccolte di poesia. E' cofondatore del gruppo di poeti chiamato "Milizia della cultura", di cui fanno parte alcuni poeti babilonesi.
Nel 2017 è stato invitato alla mostra del libro di Parigi, in qualità di poeta formativo. 
      
 
Ogni qualvolta spiegavo alla bambina in lacrime che suo padre che è in cielo sarebbe arrivato portando con sé acqua di nuvole,  lei mi chiedeva: e queste nuvole qui in strada cosa fanno?


Abbracciava a sua sorella quando il tetto si squarciò e le pareti crollarono. L’afferrò con forza per il vestito, portandola al petto. Tutto di lei veniva stracciato e a restare, nient’altro che il suo cuore impiccato, splendente nell’oscurità


Ho raccolto delle ossa … in esse ho sentito un odore che mi apparteneva, ma non ho trovato la tua foto nella gabbia della mia mente.
**********
 
Quelle mie streghe pazze
Non perderò la mia vita in questo caos.
Ciò che mi hai detto ieri risuona ancora nelle mie orecchie,
ho messo in ordine la mia stanza e per la prima volta ho messo i libri al loro posto,
ho appeso i vestiti nel mio armadio vuoto e ho rimosso i colori dalle pareti e dalle porte.
Nel cestino, i resti di pagine colme di poesie sbiadite e malate.
Ho raccolto le bottiglie vuote e ho messo in ordine ciò che chiami caos.
Ma il problema è un altro … credimi, sono certo che non potevi saperlo,
non ancora.
Quel caos sono le mie ossessioni sparse,
le  mie chimere nere,
i miei alberi carbonizzati dal fulgore del sole,
il fragore delle esplosioni e la fuliggine del loro fumo screziato.
Il caos è un luogo che nessuno conosce tranne me.
Lì, ho riposto quelle piccole streghe, grandi come una falange, che lavorano per trasformare i cadaveri e i brandelli dei morti in pezzi di plastica e sedie varie, sulle quali sedersi davanti alla finestra che si affaccia su Piazza Tahrir.
Il problema … è che tutte le cose che incontro lungo il mio cammino gridano ogni qualvolta le metto nell’ampio sacco di lino.
Stridono e farneticano nomi e parole che non conosco.
Mi dicono le streghe: “questi nomi sono divenuti pupazzi che saltellano qua e là nel giardino, entrano in casa e scaraventano ogni cosa dinnanzi a loro”.
L’ultima volta, uno di quelli, ricordandosi dell’incendio di Karrada, mi ha buttato giù dal letto al sentir la teiera fischiare.
Le mie streghe pazze non lasciano nulla al tocco della loro bacchetta:
i mobili, dotati della ragione, si muovono, mentre i libri fanno ciò che vogliono, volando per la stanza, discorrendo su quanto siano affascinanti; a volte criticano la mia vita o mi rivolgono dei sorrisi beffardi quando entro portando il mio sacco di tela pieno di schegge, abiti bruciati, ossa e piccole sacche d’aria inquinata dal puzzo del TNT e del C4.
L’ultima volta mi hai detto:  cosa me ne faccio di tutto questo caos ...?

 


Traduzione dall'arabo di Marika Ruggeri



Commenti