Riyāḍ
al-Ṣāliḥ al-Ḥussaiyn
Un
poeta semplice come l’acqua, limpido come un proiettile
Riyāḍ
al-Ṣāliḥ al-Ḥussaiyn è un poeta siriano
nato il 10 marzo 1953 a Dar‘a, nel sud della Siria – come riportato nella sua
carta d’identità –, da padre della città di Mar‘i, a nord di Aleppo. Frequentò
le scuole primarie e interruppe i suoi studi al settimo grado a causa di
un’infezione alle vie urinarie presto sfociata in un’insufficienza renale
acuta.
All’età di non più di 13 anni, subì il primo
intervento chirurgico, a seguito del quale perse l’udito e la parola.
Si spostò, poi, nella città di Aleppo, abitando
nel quartiere di al-Qassa‘, per lavorare come dipendente in una filatura
privata nel quartiere di al-Tal.
In seguito, iniziò il suo viaggio nella
conoscenza del mondo della poesia e non ci volle molto tempo prima che la sua
amicizia con il poeta Bashīr al-Bikr diventasse una svolta importante nella sua
vita, in quanto fu lui che lo introdusse alla scena culturale e all’ambiente della
letteratura e della poesia. Nonostante si sia successivamente mosso tra molti
lavori e mestieri e nonostante non abbia frequentato la scuola secondaria, Riyāḍ
aveva un pensiero e una penna meravigliosi che lo portarono a prendere parte
alla pubblicazione di “Al-kurrās al-adabī” con molti scrittori e poeti siriani
dell’epoca.
Dopo la pubblicazione di soli 9 numeri, tutti i
partecipanti furono incarcerati e Riyāḍ
fu sottoposto a tortura per accertare la sua sordità e la sua dislalia, il che
fu sufficiente a determinare la sua posizione politica fino al momento della
sua morte.
Nel 1979 fu pubblicata dal Ministero della
cultura la sua prima raccolta di poesie, dal titolo “La distruzione del sistema
circolatorio” e, un anno più tardi, fu pubblicata, sempre dal Ministero della
cultura, la sua seconda raccolta “Miti giornalieri”. Nel 1982, cinque mesi
prima della sua morte, uscì il suo libro “Semplice come l’acqua, limpido come
un colpo di pistola” e un anno dopo la sua morte fu pubblicato il suo quarto e
ultimo libro “Un cervo nella foresta”.
La poesia di al-Ḥussayn
si caratterizza per la sua delicata semplicità, la sua profonda chiarezza e la
sua suprema sincerità nei confronti della condizione che esprimeva. Prendeva i
suoi temi dalla realtà quotidiana del vivere, appoggiandosi su sensi che
toccano ogni lettore: la morte, la vita, la povertà, il dolore, la rivoluzione
e anche l’amore.
Nel pomeriggio di venerdì 19 novembre
1982, i poeti Mahdi Muḥammad ‘Ali e Hāshim Shafīq trovarono Riyāḍ nella sua
piccola stanza sul tetto di un vecchio palazzo, dove viveva in estrema povertà,
rannicchiato su stesso, in punto di morte. Tremando e delirando, chiese
dell’acqua e fu portato all’ospedale al-Mu‘asat di Damasco, che fu il suo
capolinea.
Nel pomeriggio del giorno seguente, alle
4 ora di Damasco, la morte diede i suoi ordini e Riyāḍ lasciò il nostro mondo
steso sul letto dell’ospedale, da solo, senza nessuno dei suoi amici e lontano
dalla sua famiglia. Morì a neanche 28 anni e il suo corpo fu trasportato alla
sua città, Mar‘i, a nord di Aleppo, per essere sepolto.
1. Siria
Oh Siria, bella, gioiosa
come un camino a dicembre.
Oh Siria, triste
come un osso tra le fauci di un cane.
Oh Siria, crudele
come un bisturi nelle mani di un chirurgo.
Noi siamo i tuoi buoni figli
che mangiano il tuo pane, le tue olive e le tue
fruste.
Per sempre ti condurremo alle sorgenti.
Per sempre ti asciugheremo il sangue con le
nostre dita verdi
e le tue lacrime con le nostre labbra riarse.
Mai ti lasceremo smarrire, oh Siria,
come una melodia nel deserto.
2. Abitudine
Ti ho preparato una tazza di caffè,
una tazza di caffè caldo.
Il caffè si è raffreddato
e non sei venuta.
Ho messo una rosa in un bicchiere d’acqua,
una rosa rossa rossa.
La rosa è appassita
e non ti sei mostrata.
Tutti i giorni apro la finestra
e vedo le foglie cadere
e la pioggia scendere
e gli uccelli gemere,
ma non vedo te.
Ero abituato
a preparare il caffè ogni mattina per due,
a mettere una rosa rossa in un bicchiere
d’acqua,
ad aprire le finestre al vento, alla pioggia,
al sole.
Ero abituato
ad attenderti, signora Rivoluzione!
3. Sempre
Sono l’aria nei tuoi polmoni
i bottoni nella tua camicia.
Ovunque tu sia, mi troverai,
con i miei palmi calorosi
e la mia statura bassa.
Ti aspetto sul marciapiede,
ti aspetto al lavoro,
ti aspetto sul letto,
certo che verrai,
perché sono con te sempre.
Mischio i tuoi giorni con i baci
e il tuo sangue con i fiori.
Ti guardo dal mio cielo come una divinità
e sollevo le mani invocando il tuo perdono.
Sono il grido di dolore nella tua gola
e la bella canzone che ripeti.
Ti guardo da lontano
ho paura di toccarti
e quando tocco la tua mano,
non riesco ad allontanarmi da te.
Sono il tuo animale domestico
e il tuo passatempo preferito,
la tua patria remota
e il tuo futuro prossimo.
A piedi nudi e col cuore tremante,
corro con te lungo sentieri impervi.
Sono la polvere attorno a te.
Sono il sudore che scorre dai pori del tuo
corpo.
Ovunque tu guardi, mi vedrai.
Sulla tavola, sulla sedia, sul camino,
nella libreria, nel bagno, nel bus,
nei campi, nelle fabbriche, nei cortei
studenteschi.
Cresco come l’erba sul tuo terrazzo soleggiato
e penzolo dal soffitto della tua stanza come il
lampadario.
Con le mie dieci dita, contengo il tuo viso
e con le mie dieci dita, scaccio i problemi da
te.
Con le mie dieci dita, ti preparo il caffè
e con le mie dieci dita, ti sostengo
se stai per cadere.
Sono la rosa nei tuoi capelli neri
e la spilla nell’asola della tua giacca.
Quando dormi,
scivolo tra i tuoi sogni e non dormo;
rido, piango, soffro
e combatto i tuoi crudeli nemici.
E al mattino
scivolo con l’acqua sul tuo viso
e l’asciugo con le mie labbra.
Sono la mela che hai colto
e la terra in cui sei stata esiliata.
Sono il quadro con cui decori
le pareti nere della tua vita
e il sangue che scorre da te
quando ti sparano.
Il giorno ti chiama e mi volto.
Hai freddo e trema il mio corpo.
Con i miei occhi guardi gli uccelli
e con la tua voce chiedo la libertà.
Ma quando morirai,
di fame o d’amore,
cercherò di non morire con te,
perché i morti
hanno bisogno di chi li ricordi
e a parte me, nessuno lo farà.
Traduzione di Patrick Di Croce
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