Non chiudere gli occhi, amata mi / Munzer Abu Haltam

Munzer Abu Haltam 




Poeta e scrittore palestinese. Classe 1964, è originario del villaggio di Tarqumiyah, uno tra quelli che costituiscono la città di al-Khalil, a sud della Cisgiordania, nei territori palestinesi occupati. Detiene la cittadinanza giordana e ha compiuto la sua formazione accademica in Giordania e all’estero. È altresì membro della Lega degli Scrittori giordani. Ha scritto secondo diversi generi letterari, dalla poesia al racconto breve al romanzo. Ha anche prodotto opere di letteratura per l’infanzia: storie illustrate, cartoni animati, filastrocche e racconti per bambini. Ha pubblicato le sue opere per l’infanzia nella maggior parte dei giornali per bambini in Giordania e Libano, nei Paesi del Golfo e a Londra. Ha lavorato anche nel giornalismo, come curatore di numerose riviste arabe e come direttore editoriale della rivista kuwaitiana “Jaziyan”.

Ha inoltre scritto canzoni patriottiche impegnate e ha offerto i suoi testi a molti gruppi palestinesi, tra cui il complesso “al-Shiraa‘”, che ha esibito le proprie produzioni in numerosi stati del mondo.

 

 

 

Quattro astri ai confini del firmamento

 

La notte

 

Si stende intorno a me questa notte

spiega appieno le sue ali

sguscia da tutte le finestre

e l’aurora, amata mia

è una stella lontana.

 


 

Nitrito

 

Quello del sole che sale i gradini del giorno

è il rantolo d'una vecchia signora

e alla mia finestra il nitrito

di selvaggi cavalli che trainano il giorno

procedono stanchi!

 


 

Per vederti

 

Non chiudere gli occhi, amata mia

quando ci incontriamo in un bacio

o in una lacrima.

Quando tu chiudi gli occhi

non vedo che il buio.

Apri gli occhi, amata

acciocché io possa vederti.

 


 

Viaggio

 

Mi sono addormentato presto la scorsa notte;

sul tavolo erano sparpagliate le mie carte:

una candida pianura innevata.

La mia finestra è chiusa.

Sul muro la nostra foto (di un certo inverno)

Poi si fa mattina

Il vento è come camosci che attraversano la candida pianura innevata

La finestra è aperta

Sul muro la nostra foto

senza di noi.

 

*******

 

Il mio sangue non vi perdonerà

 

Il mio sangue non vi perdonerà

Il fuoco brucia i miei polsi,

il fuoco esce dalla mia bocca.

Massacrano Gerusalemme le ferite

nella sua notte di dolore

E io sono da solo in battaglia.

Il mio sangue non vi perdonerà,

ma, se dovessi morire, di me

rimarrà una radice che attecchirà di nuovo,

una radice che genererà mille uomini liberi,

non concilianti, non neutrali.

Il fuoco brucia i miei polsi,

ma io sarò libero e fiero

e sempre in fermento sarà il mio sangue.


 *******

 

Perdonami se mi sono rallegrato un po’

 

Giunge presto il mattino in questo giorno,

e anche il sole sorge

prima del tempo

e su quest’orizzonte si stendono colori

e suoni.

Cosa mai è accaduto?

Che non sia forse la gioia?

Questo è quanto dicono di lei…

Viene come una nube e dona

alla terra il colore della primavera?

Non lo so.

Ma il mattino è venuto presto

e il sole era

Come la bocca della mia amata.

No, non lo so.

Ma nell’animo vi erano

certune nuove visioni

e il cuore palpitava sgomento.

O Signore! Come mi ha sorpreso

quest’ondata di gioia!

Vi è un segreto, allora.

E ritorno ai miei ricordi

ricerco tra le mie carte,

tra i frutti di questi sogni

e vedo il tuo candido viso aggraziato:

mi sorride, come una canzone,

come uno specchio d’acqua nella notte;

mi sorride

e sono alte nei mari dell’animo

le mie vele;

e ricordo il mio sogno stregato,

mia amata,

e i tuoi occhi;

e ricordo il tuo candido viso aggraziato, amata:

lo irrorano gocce di rugiada

all’aurora.

Gioia mia, o mio sogno che si estende

come un fiume,

come i minuti dell’esilio.

E ricordo i tuoi capelli scuri come la notte

e ricordo la nostra casa di montagna,

nel mio paese, laggiù.

Ma allora? Un sogno è venuto per dare colore a questa bell’aurora?

Soltanto un sogno?


Ah, mia amata, ferita aperta

come la notte dell’esule

lunga, lunga;

perdonami, mia amata,

perdonami

se mi sono rallegrato un po’!


Traduzione dall'arabo di Simone Zanella

 

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