Invecchiano in esilio - Majid Matrood

 

Majid Matrood

 



Poeta e scrittore iracheno. Ha dovuto lasciare l’Iraq, durante il regime di Saddam Hussein, per le sue attività politiche che contrastavano il regime e le sue guerre. Ha girato per il mondo, poi si è stabilito in Belgio. La sua prima raccolta di poesia “armonie babilonesi” è stata sequestrata dai servizi segreti iracheni durante il suo arresto negli anni ottanta. Tale raccolta contrastava la guerra con l’Iran.
Matrood ha pubblicato diverse raccolte di poesia, tra cui: “Non vi è nulla” in arabo e in francese (Dar Dhifaf 2014). “Il suonatore del Ney” libro elettronico (2006). Una raccolta a più mani, di poesia e racconti, con scrittori di diverse parti nel mondo. Una raccolta di poesie bilingue (arabo, olandese) insieme ai due poeti marocchini. Le sue poesie sono apparse in diversi quotidiani arabe ed europee.

 

 

 

 

Invecchiano in esilio

 

Un piccolo appartamento all’inizio di via Victor De La Montagne,
appartiene alla fondazione di alloggi sociali della regione di Fiandre
tre stanze abbandonate dai figli
un vasto salone spesso desolato
dietro il bagno si trova la cucina
solitario, ora, in piedi davanti alle larghe finestre
osservo la strada deserta
né la pioggia cessa di cadere, né le macchine di sfrecciare
vani tentativi di resuscitare un morto.

Alcuni vecchi, uomini e donne,
non intimiditi dalle più dure condizioni, portano a spasso i loro cani,
per soddisfare i loro bisogni, di primari importanza, fuori casa
sono persone di massima capacità nel dimostrare il loro sentimenti,
capaci di dimostrare affetto per gli animali con immensa gioia e totale libertà
eppure, sono incapaci ad abbracciare un bambini effetto d’influenza
e non esitano mai a dubitare della carnagione scura.

La mia vita sembra più tranquilla, ma il tempo passa più veloce del solito,
non mi inquieta, mi impaurisce,
la cosa che più mi preoccupa e mi assedia, e più spesso frequenta il mio pensiero
è l’immagine del mio amico esiliato Abd al Khuah.

Avrà avuto paura quando è morto da solo, abbandonato nel suo appartamento del secondo piano in via Lanck New Straat, numero 87 di fronte all’ospedale della città?

Questa domanda mi accompagna nel sonno, giace sul mio petto come un incubo.


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Caro vicino di casa


Supponi che io sia ignorante e stolto, non sappia reggere il gioco
non intuisca il senso delle cose, incapace di dare il giusto valore alle persone.
Supponi che io, un giorno, ti avessi augurato il bene, che le mie intenzioni nei tuoi confronti fossero buone.
Supponi che io sia uno stupido che non impara mai, anche se morso da mille serpenti.
Supponi tutto quello che vuoi,
ma concedimi un’occasione in cui ti vedo un caro vicino di casa
o un vecchio venerato, con un grande cuore
concedimi l’opportunità di dimenticare tutti i tuoi insulti
forse potrò scordare le oscenità con cui mi hai appellato.


Vieni a stringermi la mano con calore (per piacere),
cosicché possa dimenticare che hai ucciso mio fratello e hai sfollato la mia famiglia
e chiedo anche a te di dimenticare che sono stato l’assassino di tuo fratello, che sono stato colui che aveva rapinato la casa di tuo padre
null’altro ti chiedo se non dimenticare.
Dimenticare soltanto.


Supponiamo qualsiasi cosa, o caro vicino di casa
affinché ci stringiamo le mani e accettiamo di vivere
l’importante è rifiutare, insieme, l’idea diffusa della morte.


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Mio nonno 


Eloquente fu Mio nonno, espressivo e fluente in varie lingue
Piantava le palme, le irrigava con le lacrime, inventava le ombre quando eseguiva la preghiera
Invitava gli atei a pregare, e gli avari a pagare la Zakat.

Canticchiava la mattina
gli piaceva ascoltare l’adhān, Fairuz, e il Corano recitato.
Diceva spesso: Allah è nostro dio, la patria è la nostra preghiera.

Quando sono cresciuto, ho scoperto la sua vera natura
era un ipocrita, un grande bugiardo ciarliero
bruciava le palme per scaldare le sue ossa fragili, e bestemmiava per esorcizzare la fame.

Era ateo con gli atei,
credente con i credenti, era ipocrita, pigro, e nullafacente
sputava su Dio quando si sveglia la mattina
e spesso diceva: Dio è una menzogna creata dai commercianti
e asseriva, in pubblico, che questa patria è una melma.

All’ora zero
l’ho trovato steso, spalmato con la sua carnagione scura, morto nella sua tristezza e nella sua povertà
era sereno d’aspetto, un profeta silenzioso, misterioso nella sua assenza e molto freddo nella sua desolazione
mi sono steso accanto a lui, e gli ho sussurrato «cosa c'è ancora, nonno?» non preoccuparti, mi ha detto e ha sorriso
è stato allora che, dal cimitero, mi sono giunte le grida.

 

Traduzione di Gassid Mohammed

(Pubblicato precedentemente su Versante Ripito)

 

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